Musei SudafricaQuando si esplora un altro paese, un’altra città o anche la propria cittadina in cui si abita, un modo facile per ottenere un sacco di informazioni, raccolte in un solo posto e presentate in una maniera logica, informativa e spesso divertente, è quello di visitare il museo locale. I visitatori del Sudafrica, o i sudafricani che esplorano il proprio Paese, farebbero fatica a trovare anche le più piccole città che non hanno una qualche sorta di museo, che generalmente documentano la storia dell’uomo in quell’area, mettendo spesso in vetrina le meraviglie naturali e geologiche trovate lì. Mentre alcuni di questi musei possono essere visitati in poco tempo, forniscono un affascinante quadro delle persone e delle circostanze che hanno reso la città così come ci appare oggi.

Museo dell’Apartheid: prima parte

Situato a Johannesburg, il Museo dell’Apartheid è probabilmente la più importante attrazione da visitare. Il Museo dell’Apartheid è una mostra estremamente forte, ed è visitata spesso dai residenti locali e dai turisti internazionali. Una volta dentro il Museo dell’Apartheid, l’atmosfera vi travolgerà. Tornando indietro tra gli anni ’70 e gli ’80, potrete avvertire il gas lacrimogeno, sentire la paura per i proiettili che piovono su di voi, voler cantare assieme ai bambini che marciano ed asciugare le lacrime dei compagni caduti. Se siete pronti per provare queste sensazioni, allora siete pronti per quello che troverete tra i muri del Museo dell’Apartheid a Johannesburg.

Il Museo dell’Apartheid misura circa seimila metri quadri, ed è costruito su un campo di sette ettari, con un lago ed un parco nei pressi del palazzo. Il museo nacque quando il gli scommettitori del casinò ebbero la necessità di impegnarsi in un progetto di responsabilità sociale. Il consorzio spese 80 milioni per la costruzione dell’edificio e 100 milioni in totale, coprendo i costi di gestione del museo per due anni. Il direttore del museo, Christofer Till, ha commentato che la costruzione del museo a Johannesburg è appropriata, perché è stato qui che alla fine del secolo la gente ha incanalato le proprie ragioni. Molte persone sono state spostate dalla loro terra, agricoltori bianchi durante la seconda guerra franco-boera, e attraverso le guerre coloniali il popolo nero è stato mosso dai loro territori. Una squadra di storici, direttori di musei, designer e produttori cinematografici si sono uniti insieme per condurre i visitatori lungo un viaggio indimenticabile pieno di pena, frustrazione, umiliazione, coraggio, sacrificio, determinazione e vittoria.

Museo dell’Apartheid: seconda parte

Entrando dentro il Museo dell’Apartheid, vi sarà data una carta d’ingresso. La carta, della dimensione di una carta di credito, vi verrà consegnata. Sulla carta c’è scritto Bianco o Non Bianco, e con questo nella mente e stringendo il vostro petto, il viaggio ha inizio. La prima esposizione che noterete consiste in file di gabbie. Ogni gabbia presenta un’aggiunta di libri di identificazione, carte di identità, carte etichettate e libretti di risparmio. Per tutto il museo vedrete immagini drammatiche e molto vivide. Un reperto ha come protagonisti 121 cappi che pendono dal tetto. Questi cappi rappresentano i prigionieri politici che sono stati impiccati durante il regime dell’apartheid. Potrete sedervi dentro un veicolo blindato usato nelle township,  e vedere uno spezzone ripreso dal veicolo mentre percorreva le township. Vengono visualizzate anche le armi usate dalle Forze Speciali. I monitor posti in ogni esposizione vi mostreranno filmati di interviste e discorsi pubblici che vi faranno arrabbiare. Il Museo dell’Apartheid con le sue  esposizioni visuali e sonore vi travolgerà e per la maggior parte del tempo vi farà sentire molto sconvolti. Farà tornare indietro nella memoria  molte persone, o racconterà ad altri la realtà dell’apartheid, una realtà in cui alcuni si sono rifugiati e  si sono nascosti.

Non importa come  vi ha fatto sentire il Museo dell’Apartheid, è una storia che ha bisogno di essere raccontata. È una parte della storia del Sudafrica, e ci ricorda l’orrore associato all’apartheid, ed è un monito  per i leader del futuro.  

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